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Capitale Umano, perché siamo "bloccati" dalla scarsa produttività aziendale

Un'analisi approfondita delle sfide che attendono gli imprenditori italiani

Capitale Umano

Il Capitale Umano rappresenta il motore di ogni organizzazione, purché questa viva di processi moderni ed efficienti e sia formato e aggiornato con continutà nel tempo. Soprattutto in Italia dove il quadro economico e del mercato del lavoro presenta sfide significative, anche per le carenze organizzative in premessa. Il calo della produttività, la crisi del settore manifatturiero, il deficit di competenze, tecniche e trasversali, nella forza lavoro adulta, la difficoltà delle aziende a trovare personale qualificato e il declino dell'imprenditoria giovanile sono segnali di problemi strutturali profondi. La burocrazia eccessiva, Italiana ed Europea, è un ulteriore freno alla crescita. Interventi strutturali e politiche mirate nel campo dell'istruzione, della formazione, del sostegno alle imprese e della semplificazione amministrativa appaiono necessari per invertire queste tendenze negative e migliorare la competitività del paese.

Produttività in caduta libera

Il calo della produttività è una delle principali preoccupazioni. L'Istat ha certificato un crollo del 2,5% nel 2023, nonostante un aumento delle ore lavorate (+2,7%). Questo dato evidenzia un problema di efficienza e qualità del lavoro. Le ore lavorate sono cresciute del 2,7%, a fronte di un valore aggiunto di beni e servizi realizzati che è solo dello 0,2%. Il calo della produttività ha interessato quasi tutti i macrosettori, con eccezioni come le costruzioni e le attività artistiche e di intrattenimento. Servizi finanziari e assicurativi, settore pubblico, attività professionali, manifattura e commercio hanno registrato performance negative.

Carenze tecnologiche e mancanza di investimenti adeguati

Nonostante un numero di ore lavorate superiore alla media europea, il problema risiede nelle dotazioni tecnologiche e nelle procedure aziendali, considerate non all'altezza. Viene inoltre criticata la tendenza delle imprese a preferire la distribuzione dei dividendi agli investimenti in progresso tecnico e efficienza dei processi. In Italia i datori di lavoro e le imprese restano quindi indietro rispetto all’estero... praticamente le imprese guadagnano di più ma non investono, preferendo la distribuzione dei dividendi ai soci. La qualità del lavoro è dubbia, non solo per l'alto numero di contratti part-time e la precarietà, ma anche per la carenza di produttività e una sostanziale carenza di leadership nelle imprese.

Capitale Umano, i numeri della sfida alla produttività e alla crisi manifatturiera

Il settore manifatturiero italiano sta attraversando una profonda crisi. L'indice PMI manifatturiero HCOB Italia è crollato a 44,5 nel novembre 2024, segnalando una forte e inattesa contrazione. Questa è caratterizzata da un calo dei nuovi ordini, della produzione e dell'occupazione, e recentemente dalla "paura" dellea nuova politica economica USA. Nonostante una iniziale prospettiva di miglioramento nel corso del 2025, basata su speranze di condizioni economiche più stabili, dopo le elezioni americane la situazione attuale si è aggravata, con attese di licenziamenti e calo della domanda di materie prime.

I numeri della crisi

Sia la produzione che l’occupazione si sono ridotte in misura maggiore rispetto le previsioni. La crisi industriale è confermata anche dal calo dei ricavi nel 2024, stimato in 42 miliardi di euro, con particolare sofferenza nei settori auto e moda. La produzione industriale ha registrato la 23esima contrazione consecutiva a dicembre, con un crollo del 7,1% su base annua e del 3,1% su base mensile. Nel 2024 si è registrato un calo medio del 3,5%. Il settore auto è stato particolarmente colpito, con un calo catastrofico del 65% a dicembre e del 43% nell'intero 2024.

Le cause della crisi industriale sono identificate in fattori contingenti come la crisi energetica e in tendenze strutturali di lungo periodo, tra cui la bassa produttività del lavoro e l'alta pressione fiscale. Una possibile soluzione, a "costo zero", è una urgente revisione dei regolamenti, italiani ed europei per ridurre la burocrazia, considerata un freno significativo alla crescita. L’eccesso di burocrazia sega le gambe a chi produce, disincentiva persino a fare impresa.

Occorre sviluppare con continuità le competenze per superare le difficoltà e i divari

Il capitale umano in Italia presenta un deficit di competenze significativo. L'indagine PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) delinea un quadro allarmante. Il paese si colloca agli ultimi posti tra i paesi OCSE nei domini di literacy, numeracy e adaptive problem solving. In literacy: con un punteggio medio di 245, l’Italia si colloca 15 punti sotto la media Ocse; in numeracy: il punteggio medio italiano è di 244, ben 19 punti sotto la media Ocse; in adaptive problem solving l’Italia registra 231 punti, contro 251 della media Ocse.

Divari territoriali

Si registrano significativi divari territoriali, con il Sud e le Isole che mostrano risultati particolarmente critici. Preoccupante è anche l'aumento della quota di adulti con bassi livelli di competenza (livello 1 e inferiore), passata dal 27,7% nel 2012 al 34,6% nel ciclo 2022-2023. Nonostante ciò, i giovanissimi (16-24 anni) registrano punteggi più elevati rispetto alle altre fasce d'età, sebbene ancora inferiori alla media OCSE e con forti disparità territoriali. Questo evidenzia un paradosso, in quanto negli altri paesi i migliori risultati si osservano nella fascia 25-34 anni, suggerendo inefficienze nel consolidamento delle competenze acquisite nel passaggio all'età adulta e al mondo del lavoro.

Divari retributivi

Il divario retributivo tra lavoratori a bassa competenza e la media è meno marcato in Italia rispetto alla media OCSE, ma ciò è dovuto a un livello retributivo mediano inferiore. Nel Sud e nelle Isole, le retribuzioni sono sostanzialmente uguali indipendentemente dal livello di competenze, disincentivando l'investimento in formazione. Le sfide identificate nel 2014 (Rapporto De Mauro) relative al lifelong learning, all'integrazione tra istruzione e lavoro e alla riduzione dei divari territoriali rimangono irrisolte e in alcuni casi aggravate. Viene sottolineata la necessità di un rilancio deciso delle politiche educative e formative, con particolare attenzione alle discipline STEM, all'incremento dei diplomati che proseguono gli studi terziari e al rafforzamento dell'apprendimento continuo. La riforma dell'istruzione tecnica "4+2" potrebbe essere un passo avanti, ma si sottolinea la mancanza di un sistema di valutazione rigoroso.

Promuovere l'imprenditoria giovanile, ma solo se la leadership è efficace

Il capitale umano è messo a dura prova anche dalla difficoltà delle aziende a trovare personale con competenze adeguate. Il rapporto "Talent Shortage" di ManpowerGroup rivela che in Italia il 78% delle aziende fatica a trovare personale con le competenze necessarie, il dato più alto di sempre e superiore alla media globale (74%). C'è una grande domanda inevasa per le competenze digitali. Le difficoltà sono particolarmente sentite dalle medie e medio-grandi imprese. Le competenze tecniche più difficili da trovare includono quelle informatiche, amministrative, manifatturiere, logistiche, di front-office e di relazione con i consumatori.

Le strategie da adottare da parte dalle aziende per affrontare questa carenza di talenti devono includere il miglioramento e la riqualificazione del personale esistente, l'offerta di maggiore flessibilità e l'aumento dei salari. 

Anche i giovani imprenditori non sono messi bene

L'analisi di Unioncamere-InfoCamere evidenzia una significativa perdita di aziende guidate da giovani imprenditori (under 35). In dieci anni (2014-2024), sono scomparse 153mila aziende giovanili, un calo del 24%. I settori più colpiti sono le costruzioni e il commercio, seguiti dalla manifattura e dall'artigianato. Gli unici settori in crescita per l'imprenditoria giovanile sono i servizi alle imprese e l'agricoltura, suggerendo una tendenza verso attività con maggiore valore aggiunto di competenze e tecnologia.

Il calo è generalizzato a livello territoriale, con le regioni del centro che registrano le diminuzioni più marcate. 

Manager e leader aziendali, competenze trasversali carenti

Nonostante il supporto delle nuove tecnologie e dell'intelligenza artificiale, una quota significativa di manager (41%) non si sente preparata per entrare nel nuovo ruolo in contesti aziendali sempre più digitali e tecnologici, che richiedono maggiore flessibilità e gestione di un mix generazionale complesso. Questo sottolinea la necessità di adeguati percorsi di formazione per i leader aziendali, al fine di gestire efficacemente le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro.

In conclusione: è sempre il Capitale Umano la risorsa decisiva per competere nel futuro

In conclusione, il Capitale Umano si conferma come risorsa cruciale per il successo e la crescita delle aziende italiane. Le sfide attuali, come il calo della produttività, la crisi del settore manifatturiero, il deficit di competenze, il talent shortage e il declino dell'imprenditoria giovanile, richiedono interventi mirati e strategici.

È fondamentale che le imprese investano nello sviluppo delle competenze dei propri dipendenti, promuovano un ambiente di lavoro positivo e inclusivo, e adottino strategie innovative per attrarre e trattenere i talenti. Allo stesso tempo, è necessario un impegno a livello politico e sociale per migliorare il sistema educativo, ridurre la burocrazia e sostenere l'imprenditoria giovanile.

Solo attraverso un approccio integrato e una valorizzazione del capitale umano sarà possibile superare le sfide attuali e costruire un futuro più prospero e competitivo per l'Italia.

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