Il "sistema procrastinazione" è più di un'abitudine, è un sintomo di assenza di visione che erode profitti e futuro.
"Sistema procrastinazione", questo è il nome non ufficiale, eppure straordinariamente accurato, di quel rituale aziendale che trasforma l'intero anno solare in un'infinita attesa del momento perfetto. Per decidere, per agire, per investire e, in definitiva, per crescere. Questo meccanismo, oliato alla perfezione in troppe piccole e medie imprese italiane, rappresenta una danza tragicomica di rinvii e giustificazioni che maschera una colpevole mancanza di visione strategica da parte di chi dovrebbe guidare l'azienda verso il futuro. La performance inizia a gennaio, quando ogni richiesta di confronto viene respinta con la motivazione della chiusura imminente del budget, un'attività talmente assorbente da paralizzare qualsiasi altra iniziativa strategica per mesi interi. Si tratta di un copione recitato a memoria da manager e imprenditori che, invece di pianificare proattivamente il successo, si lasciano governare da un ciclo di scadenze che diventa un alibi impenetrabile per l'inazione, confondendo l'operatività febbrile con la gestione strategica e condannando di fatto l'impresa a un pericoloso immobilismo. Questa liturgia del rinvio non è un semplice problema di gestione del tempo, bensì il sintomo più evidente di un'organizzazione che naviga a vista, priva di una mappa strategica e di obiettivi concreti che vadano oltre il generico e sterile desiderio di "aumentare il fatturato" senza sapere come.
Il valzer delle scuse, da Gennaio a Giugno
Il primo atto di questa rappresentazione aziendale si apre con il nuovo anno, un periodo che dovrebbe essere carico di energia e nuovi propositi, ma che invece si arena subito sugli scogli del bilancio previsionale. Contattare un decisore aziendale a gennaio per proporre un progetto o un prodotto innovativo significa quasi sempre ricevere un cortese ma fermo invito a ripresentarsi più avanti, perché l'urgenza improrogabile è quella di finalizzare i numeri del budget. Successivamente, superato questo scoglio, la primavera porta con sé nuove e creative motivazioni per posticipare ogni decisione, trasformando l'attesa in un'arte finemente cesellata e professionalmente giustificata. Ad aprile, infatti, l'attenzione si sposta magicamente sull'analisi dei dati consuntivi dell'anno precedente, un'attività indispensabile che richiede la massima concentrazione e che, curiosamente, impedisce di guardare al futuro con lucidità. Ecco quindi che l'orizzonte temporale per qualsiasi discussione strategica viene nuovamente spostato, questa volta a giugno, quando finalmente l'azienda avrà un quadro completo della sua performance passata. Peccato che basare le strategie future unicamente sui risultati passati sia come guidare un'automobile guardando esclusivamente nello specchietto retrovisore, un approccio che ignora completamente le dinamiche del mercato e le opportunità emergenti, mantenendo l'impresa saldamente ancorata a una visione reattiva anziché proattiva e condannandola a rincorrere gli eventi invece di anticiparli.
L'orizzonte estivo e la ripresa autunnale del rinvio
Quando finalmente arriva giugno, si assiste a un improvviso e illusorio cambio di passo, quasi come se l'azienda si risvegliasse da un lungo letargo decisionale durato sei mesi. Questo è il momento in cui, con sorprendente solerzia, viene richiesta un'offerta dettagliata o un progetto ben definito, da consegnare preferibilmente entro la fine di luglio per una valutazione approfondita. L'interlocutore si mostra interessato, pone domande pertinenti e lascia intendere che un investimento è ormai all'orizzonte, alimentando speranze e aspettative in chi propone soluzioni per la crescita. Tuttavia, questa accelerazione è spesso un miraggio nel deserto dell'inazione, una mossa tattica per chiudere la pratica prima della meritata pausa estiva, rimandando di fatto ogni discussione concreta. Una volta consegnato il progetto, infatti, la risposta più probabile diventa che ormai il periodo feriale è alle porte e ogni valutazione seria verrà affrontata a settembre, con la calma e la lucidità che solo il rientro dalle vacanze può garantire. E così, al rientro di settembre, ci si ritrova magicamente al punto di partenza: l'urgenza è diventata la raccolta dei dati per il budget dell'anno successivo, un ciclo che si ripete con una prevedibilità quasi comica, dimostrando che la richiesta estiva non era altro che un elegante stratagemma per guadagnare altro tempo prezioso.
Sintomi di un problema più profondo, qual è il ruolo del sistema procrastinazione
L'autunno si manifesta con la stessa inerzia, trasformando la raccolta dati per il nuovo budget in un'epopea che si protrae ben oltre ogni ragionevole previsione temporale. A ottobre la raccolta non è ancora terminata, mentre a novembre l'attenzione si sposta sull'attesa dei dati provvisori di bilancio, elementi che arriveranno soltanto alla fine del mese, troppo a ridosso delle festività natalizie per poter prendere qualsiasi decisione strategica. Questo continuo rincorrere dati che dovrebbero essere strumenti per la pianificazione, e non ostacoli, svela la vera natura del sistema procrastinazione: non è una questione di calendario, ma di cultura aziendale e di una cronica mancanza di visione. La vera causa di questa paralisi non risiede nella complessità delle operazioni di budgeting o di analisi, bensì nell'assenza di una strategia chiara che definisca la direzione di marcia e gli obiettivi a medio-lungo termine. Quando la leadership aziendale non ha definito con precisione dove vuole portare l'impresa tra tre o cinque anni, ogni decisione diventa un salto nel buio, un rischio che si preferisce non correre, e la procrastinazione diventa il rifugio più sicuro. L'ossessione per l'aumento del fatturato, se non supportata da un piano strategico articolato, si riduce a un semplice slogan vuoto che non fornisce alcuna guida concreta per le scelte quotidiane.
Rompere il cerchio, dalla visione alla pianificazione concreta
Uscire dal circolo vizioso della procrastinazione istituzionalizzata richiede un atto di coraggio e consapevolezza da parte della leadership: ammettere che navigare a vista non è più sostenibile. Per smantellare questo sistema non basta un nuovo software di project management o un corso sulla gestione del tempo, ma è necessario un intervento strutturale che parta dalla radice del problema. Il primo passo fondamentale consiste nel definire una visione strategica chiara e condivisa, rispondendo a domande cruciali come "Chi vogliamo essere?" e "Dove vogliamo andare?", per poi tradurre questa visione in obiettivi specifici, misurabili, raggiungibili, rilevanti e definiti nel tempo. Questo processo di pianificazione strategica, spesso complesso e faticoso da avviare internamente, può beneficiare enormemente del supporto di un partner esterno esperto, capace di guidare il management attraverso un percorso di diagnosi aziendale oggettiva. Un consulente di direzione può agire come catalizzatore del cambiamento, aiutando l'impresa a identificare le proprie aree di forza e di debolezza, a leggere correttamente le dinamiche del mercato e a costruire una mappa strategica che renda le decisioni non solo possibili, ma anche coerenti e tempestive, trasformando finalmente l'azione in una conseguenza logica della pianificazione e non più in un evento da rimandare all'infinito.
L'azione come unica via d'uscita dal dirupo
Continuare a operare all'interno del "Sistema Procrastinazione" significa condannare la propria azienda a un lento ma inesorabile declino, un percorso che porta dritto verso il dirupo dell'irrilevanza in un mercato che invece premia la velocità e l'adattabilità. Ogni mese trascorso a rimandare equivale a un'opportunità persa, a un vantaggio competitivo ceduto ai concorrenti e a un potenziale di crescita inespresso che erode il valore stesso dell'impresa. L'unica vera cura per questa paralisi è l'azione, un'azione che però deve essere informata, consapevole e guidata da una strategia solida, non un semplice attivismo fine a se stesso. È il momento di smettere di usare il calendario come un alibi e di iniziare a usarlo come uno strumento per pianificare il successo, trasformando le scadenze da ostacoli a traguardi di un percorso di crescita ben definito. Agire significa investire nel proprio futuro, dotandosi degli strumenti e delle competenze necessarie per competere efficacemente, a partire da una chiara definizione della propria identità e dei propri obiettivi. Abbandonare la comoda ma letale abitudine di rimandare è la prima, fondamentale decisione strategica che un imprenditore o un manager può prendere per garantire un futuro prospero alla propria organizzazione.
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